LE ''RANOCCHIE,, DEL VICO E UN QUADRO CON LE RANOCCHIE di Stefano Bottari

a / 6-j/fy $ y rfJ-L/(?, £/<C ( 'rr/y />/•* j ' Fzp/a /?y 2 <7 /?■ UL f fr P o t / C c- / * 4 £ , * t , o LE “ RANOCCHIE,, DEL VICO E UN QUADRO CON LE RANOCCHIE d i Stefano B o tta ri U n passo della Scienza Nuova mi ha consentito di chiarire il soggetto di un quadro a prima vista se non strano certamente curioso; e come il quadro può, sia pure indirettamente, contribuire a chiarire ulteriormente il passo vichiano, mi permetto di farne una breve segnalazione. Scrive, dunque, il Vico nella « Iconomica Poetica »: « Ed Apol­ lo e Diana sono figliuoli di Latona, detta da quel latere o " na­ scondersi ” onde* si disse condere gentes, condere regna, condere urbes, e particolarmente in Italia fu detto Latium. E Latona gli partorì presso Tacque delle fontane perenni, ch’abbiamo detto; al cui parto gli uomini diventarono ranocchie, le quali nelle piogge d’està nascono dalla terra, la qual fu detta " madre de’ giganti ”, che sono propriamente della Terra figliuoli. Una delle quali ranoc­ chie è quella che a Dario manda Idantura; e devon essere le tre ranocchie e non rospi nell’arme reale di Francia, che poi si can­ giarono in gigli d’oro, dipinte col superlativo del " tre ”, che restò ad essi francesi per significare una ranocchia grandissima, cioè un grandissimo figliuolo, e quindi signor della Terra » .1 Il passo ha riscontro in un altro de La Scienza Nuova Prima : 2 « ... Idantura era nato nella terra della Scizia, come le ranocchie nascono dalle terre dove esse si ritruovano: con che dinotava la sua origine da quella terra essere tanto antica quanto quella del mondo. Sicché la ranocchia d’Idantura è appunto una di quelle nelle quali i poeti teologi ci tramandarono gli uomini essersi can­ giati nel tempo che Latona partorì Apollo e Diana presso le acque, che forse vollero dire del Diluvio ». Non voglio occuparmi di tutte le « ranocchie » a cui accenna il Vico in questi brani così densi e. direi, congestionati: sarebbe del resto cosa del tutto superflua perché « la ranocchia d’Idantura » e le altre cangiate poi « in gigli d’oro » sono ben note non soltantoi 4 3 3 i - IV

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