Santino Caramella, La personalità filosofica del Vico. 1930

o ra n e tta m e n te o rig id a m e n te a u-na realtà, n a tu ra le meccanica ed e ste sa ; tan to p u ro , elio «i restringe alla sola ragione, frodda- ini'ute geoiiHiUku. Ala pieprio per queaia pu­ rezza non riiv e a nuiiitrnrrM da si '1 in vita, ■perchè in sé moli lia generazione, non ha movimento: la verità gli p innata, la stessa * ertezza «li «è una conseguenza logica «le)- l ’idea «li Dio. Certezza e verità, che si erano |ii i un momento unite, si separano ancora : perchè la certezza è pur sempre certezza geo­ metrica, vale a dire clic non differisce sostan­ zialmente dalla forza probativa del sillogi­ smo ai istotolico, e trova la sua evidenza proprio nel rinnegare il soggetto da cui na­ sce. Il razionali sino cartesiano precipita nel dualismo, nell’ occasionalismo, nell’ innati­ smo : per salvare la purezza dello spirito dal­ l ’oscurità della psicologia di tipo aristotelico, se ne sacrifica la verità preziosa (cioè l ’in­ terpretazione della vita cosciente come svi­ luppo organico), si ricorre a ll’artificio e alle ipotesi più incerte. T.a controreazione degli empiristi, assai più legati al Rinascimento che aveva visto na­ scere la loro scienza sperimentale e fatto risorgere la loro logica nominalistica riven­ dica, i diritti del senso, dell’esperienza con­ creta, dell’intimità dello spirito con le cose e i fatti : ma deve rinunziare alla verità per coltivare la certezza, ovvero cadere nel materialismo. Kra questo contrasto Spinoza tenta un'ultima volta la grande impresa di concepire ancora la realtà come essere asso­ luto, in cui lo spirito svanisce, immerso in una verità tutta trasparente, immobile nella sua perfezione, senza vita perchè senza er­ rore: ma trova tuttavia a vietargli la mèta l ’oscurità delle pass’oni, l ’esigenza d cll’amo- ip con «ni lo spirito li sorge dall’essere, l.o spirito risorgeva in realtà da ogni par­ ie. 1 leuiiii del diritto naturale e della re­ ligione naturale cercavano invano di addi­ tarne le origini nella natura; si trovavano innanzi al problema della storia, che progre­ disce negando o svalutando la natura. I teo­ rici della ragione geometrica si ritrovano di fronte il gusto c il sentimento e la volontà i he non geometrizzano c che tutta la nuova letteratura, dal Tasso a ll’Arcadia, da Sha­ kespeare a Rat ine (per toccare, gli. estremi) rivendicava e rivalutava. Là scienza mate­ matica della natura di Newton vedeva inci­ dere la sua ferrea armatura dal dubbio del­ l'esperienza. Leibniz sente tutto questo con­ trasto, e muove alfine a cercare una sintesi e una conciliazione. Scopre che la natura non è meccanismo ma organismo, non è sta­ tica ma dinamica; che ila materia estesa è da ridurre ad energia, attività, come lo spi­ rito ; che la spiritualità del reale è l ’unica categoria sotto cui si può intendere il reale stesso; che il mondo è costituito di unità organiche e di un ordine divino che le com­ pone in mirabile armonia. Soprattutto co­ mincia a considerare la coscienza non come una vuota unità, ma come l ’unificazione di una molteplicità di dati e di valori, che progredisce e si sviluppa : scopre la sub-co­ scienza come principio metodico per interpre­ tare lo svolgimento graduale e l ’infinita ric­ chezza dello spirito : scopre infine la con­ tinuità e la connessione reciproca di tutti i momenti della vita spirituale. Ma questo con­ cetto leibniziano dello spirito, così ricco di promesse e di feconde indicazioni, è ancora viziato dal tarlo del naturalismo : le monadi sono ancora natura, e non spirito, perchè sono molte, perchè non hanno relazioni tra loro, perchè il’armonia prestabilita in cui Dio le coordina implica la determinazione ab a etem o della loro individualità e del loro sviluppo. Il Vico sorge a questo punto, asolato : nes­ suno capirà veramente ciò che egli ha voluto dire se non un secolo dopo, quando tutti per altra via ne saranno convinti. Ma egli mo­ stra che l’attività dolio spirito non s’intende nè ha valore se non come creazione ; mostra che esso vive ed è autocosciente perchè si ‘del «concettismo»» poetico il Tesauro e il Pellegrini e l ’Ettori scorgevano in quel gran .vuoto, uu.. principio di .puo.vjt piangati spiri-,, innle, la fantasia elle tendeva a liberarsi dal­ l'intelletto, a cercare — come dirà Vico •— non più il retile nè il verosimile, ma « l ’im ­ possibile credibile». E il Vico mostrerà poi die il gusto è autonomo perchè non 6 altro se non il momento critico delTimmaginazio- ne, madre della poesia e del mito, e che 1 ’ « ingegno » è la stessa potenza creativa della fantasia. Nella teoria della conoscenza Galileo e la sua scuola insistevano sul valo­ re dell’ esperimento come rifacimento della verità per la più profonda intelligenza dei fatti ; e il Vico eleverà questo principio a teoria generale della conoscenza, che inten­ de la verità in quanto la produce essa me­ desima : della qual teoria il canone dell’e­ sperimento è solo un caso particolare. Nel­ la interpretazione della politica, i teorici ita­ liani (tacitisti e antitacitisti) della ragion di stato cercano di svincolare l ’attività politica dalla morale, di assegnarle sue proprie leggi e un valore autonomo, e di spiegare d’altra parte il progresso della storia come una su­ bordinazione ascendente del.Ja politica alla morale sotto la luce della Provvidenza : che saranno appunto i grandi problemi del « di­ ritto universale » vicinano, « meditato » su Tacito. L ’erudizione secentesca e settecente­ sca con il nuovo interesse per l ’Oriente clas­ sico e non classico, per il ÀIodio Evo, per la storia particolare ed. oscura, per i: miti e per le leggi barbariche, preparava al nostro la materia delle sue meditazioni. Il cartesiani­ smo napoletano, dal Di Capua al D’Andrca e al Calopreso, si presentava ricco di inte­ ressi storici e sperimentali e poetici; l ’anti- curialismo dello stesso ambiente, da cui do­ vevano uscire il Gravina e il Ciminone, ac tendeva l’esigenza di studi di storia del di­ ritto, specialmente feudale e medievico, e co­ minciava a smuovere la teoria della legi­ slazione dalla sua teorica astrattezza : e di qui nasce la nuova concezione vichiana deb la storia. Infine i moralisti del nostro Sei­ cento, dal Brignole' Sale al Malvezzi e dal Tassoni al Magalotti, sono tutti pieni del bisogno di rivendicare la realtà dell'opinio­ ne e della passione, del costume e dell’in­ dividualità morale, che la casistica elevava intanto a principio etico : che sono anminzi ben prossimi della nuova morale vichiana. Che più ? proprio intorno al Vico, in quel primo quarto del secolo X V III in cui egli arrivava a creare la Scienza Nuova, uomini come il Muratori e il Con<ti; il Gravina e il Giurinone (che furono tutti, in varia mi­ sura, suoi ammiratori e amici) lavoravano per mettere d’accordo (sia pure in una sin­ tesi provvisoria) ti miglliori risultati della cultura italiana del Seicento con il razio­ nalismo cartesiano e l ’intellettualismo leib- niziano. Il Vico, più genialmente, cercava la possibilità di questa sintesi alla luce di quel neoplatonismo dell Rinascimento da cui era­ no pure usciti Cartesio e Malebranche, Spi­ noza e Leibniz. Piuttosto che provare dunque con la sua solitudine l ’assenza del pensiero italiano dal grande movimento europeo, egli ne rivela la continuità e l ’autonomia e i co­ stanti rapporti. III. Tutti questi momenti storici si trovano del resto riassunti e fecondata nella formazione della personalità speculativa del nostro. Il quale fu, in un primo tempo, fin verso il 1708 , cartesiano e stoioizzante : ma già da un punto di vista neoplatonico e con una aperta consapevolezza degli interessi cultu­ rali che stavano maturando intorno a lui sot­ to He vesti del gassendismo e del libertini­ smo, dell’Arcadia e delil’anticurialiismo, del capuismo e del galileismo. Poi, con più de­ cisa coscienza dei nuovi problemi speculati­ vi, passa col 1708 {De stadioruni ratione) al- l’anticartesianismo : e in Cartesio combatte P e rc h è il V ic o era. stato sem.pre q u e llo stes­ so che ascendeva ora nelToliimpo eroico del- la più grande filosofia ; inteso a ('Ompj'cnric- ’re l ’idSalità derimonfló umano e le sue rida­ zioni col divino nelle Ora gioiti inaugurali, se pure più tardi amò accentuarne i motivi ìleoplatonici; intimamente scontento del ra­ zionalismo cartesiano e interessato alla poe­ sia, al diritto, alla storia — se anche in sè­ guito si compiacque di mostrare più grandi quella prima scontentezza e quel primo in­ teresse; occupato già nel De Antiquissima a meditare su misteriose e pregnanti parole, che portavano da secoli lontani le prime veci dello spinto, e a fondare col Dentili i/tsmii factum le basi stesse di tutta la sua poste­ riore speculazione. Come soltanto la supe­ riorità del genio gli potè far credere di esse­ re solo tra i suoi contemporanei, perchè si era levato così in alto da non capire più le loro piccole voci che dapprima aveva ascol­ tato con tanto frutto, — cosi solo la genialità delle sue scoperte può mostrate il Vico della maturità in una .specie di isolamento e di di­ stacco da quello che era stato quando anco­ ra cercava e tentava. Come tra lui e l’età sua, così tra le fasi della sua speculazione c ’è relazione continua : naturalmente si trat­ ta della continuità di una crisi, feconda di verità nuove e quindi anche di contrasti. Con ilo .stesso senso storico crediamo che si debba illuminare anche l ’opposizione tra la ferma fede cattolica del Vico, che non solo er.a la sua ferma nonma di vita quotidiana, ma influì chiaramente sulle sue dottrine, dal­ la concezione metafisica di Dio anteriormen­ te alla Scienza N u ova , al mito della caduta e del diluvio accettato come premessa della medesima 'Stianta Nuova. Qui si è, da unti parte, filosoficamente accentuato il contrasto fra l’immobile rigidità dei dogmi.creduti bui non ripensati criticamente dal filosofo e le conclusioni opposte a cui portano le sue dot­ trine originali nel'lo ro logico sviluppo, po­ sto che in esse è il germe dell’ idealismo moderno ; e, dall’altra, si è filosoficamente insistito sopra «1 fatto che il Vico fu proprio cattolico.e (tolto un primo e breve periodo della sua giovinezza) ritenne consapevolmen­ te che le sue teorie si accordassero in pieno ■con la sua fede. Ora è opportuno osservare che il contrasto c’è senza dubbio, come idea­ le contrasto fra una tradizione religiosa la­ sciata intàtta nelle sue formule e un pensie­ ro che liberamente progrediva : mia che l’op­ posizione è m olto, minore quando si rilevi che il cattolicismo del Vico non è tomista, non è scolastico,.ma agostiniano e volontà^ rista, e che proprio dalla meditazione di un passo di Agostino sulla form u la naturae var- ronia.na il Vico ebbe forse la luce fche gli schiarì, verso il 1719 , le tenebre in cui si sentiva avvolto. Il cattolicismo (o meglio cristianesimo) agostiniano gli dava la visio­ ne della « città di D io » come il mondo della storia ordinato e mosso dalla Provvidenza; gli dava il concetto .cristiano dello spirito creatore e delle relazioni fra immanenza e tra­ scendenza neilla sua forargli più genuina e pie­ na ; gli dava infine la possibilità di una sin­ tesi fra platonismo, cristianesimo e moder­ nità — quella modernità neilla quale appun­ to 'Agostino era stato ispiratore di Lutero e dei giansenisti, di Cartesio e di Bossuet. Sic­ ché il cattolico Vico poteva ancora non sen­ tirsi inquieto quando da una coscienza dog­ matica agostinianameilte formata moveva fi una coscienza filosofica, le cui intuizioni avrebbero si, nel loro ulteriore sviluppo, in­ taccata e distrutta la saldezza del dogma, ma intanto, per la loro stessa primordiale oscurità, non gli apparivano direttamente avverse. IV . Al contrasto implicito fra le sue convin­ zioni religiose e le sue concezioni filosofiche gi deve per altro, come è noto, il più grave difetto che incrini da compagine del pensiero v m v o g ic mi. t u u u m u s s i t a c Cll f aS;Mutezza e di fo rm e eterne : seb b en e la ' pHma ripetriione do] ciclo',tirella caduta del- I'impili 0 iotuano e nulla ràvutgiUa barbane, si;, presentata come un disegno prowiden zi,ilo per il trionfo della vera religione, e (|ni,mli come un progresso, — sebbene sia trita .(isservazionc che i ricorsi vichiani non passai " 1 sulle medesime orane del primo ci­ clo pia ascendono parallelamente ad esse, in un piano più alto. lutile si deve ricondurre alla stessa origi­ ne alche l'incompiutezza che è stata con ra­ gioni! sempre rilevata nel sistema del Vico, in c in to esso si diffonde nello studio delle forniti'immediate e primitive dello spirito e del foro svolgimento dialettico, ma si arre­ sta, sì può dire, appena varcata la soglia delle forme mediate e superiori (filosofia, coscilnza etica) e si' accontenta quasi di aver illuminato il passaggio dalle une alle altre.' Pencle i valori razionali e autocoscienti era­ no, tei complesso, già dati allo spirito del Moscio prima che egli movesse alla ricerca deliiffloro origini : e ad essi quindi egli può appaiarsi di semplicemente ritornare, seb- beneforse la via scolta per il ritorno, per­ corsa fino in fondo, potrebbe portarlo a un'afra mèta. Ma proprio in quest’ultimo difetto sta la fontè di uno dei maggiori pregi dell’opera vichjrna : perchè in essa si tenta per ia pri­ ma volta, e in maniera non ancora supera­ ta, d; penetrare nei segreti processi dello spi­ rito traverso i quali l ’immediato si fa me­ diani la fantasia diventa ragione e l 'homo oe'cfwmicus si fa essere 'morale. Prima del Vie ’ pur dopo di lui, fino allo stesso lle- gci gradi dello sviluppo ione accolti co­ me <ll « filiti» ‘Beniplicomentfl constatati: e veiigjto nell* oncologia platonica e carte- *ihiia|nudati g li tini accanto agli nitri, ov­ vero apposti e messi in contrasto, ma nella psicoligia aristotelica e leibniziana, kantia­ na edbegeliana collegati in uno svolgimen­ to orknico, ma lasciandoli sempre tali e quali t .sovrapponendo loro la faticosa strut­ tura d una deduzione dialettica, che li rin­ serra «elle sue maglie ma non li compone L a ,. « Aiico invece » «urtò• spWHldeoplkKi ' ftì-p qqo.tt problema: la stessa deplorai., eonfu- sionqd^jl^poesia e,del, mito nella « sapien­ za posila »,v$el diritto e della coscienza so- 'ciai#,.ieila.,tqòria giuridjco-ipolitica, -la stes­ sa citazióne particolarmente dedicata alla epoca iarbnrido-croie:a dello spirito (che è proprio l ’epoca dpllo sviluppo dalle sue for­ me primordiali alle sue forme riflesse), mo­ strano tóme egli ne sia consapevole in chia­ ma-..,misura. Egli cerca proprio di mostrare come l’intuizione si faccia intelletto e il pen­ sieri si nutra del « certo» dei miti e delle esperienze pratiche, e come la visione sog­ g e tta del mondo, e l ’imdividiuale volontà del proprio . interesse diventino visione ob- bietiva del vero e volontà .universale del ben. Ma non con metodo aprioristico, non intclettualisticamente : bensì collocandosi e immedesimandosi nel seno stesso dell’attivi­ tà oe nasce e si svolge, e seguendone le esi- gene concrete e le varie alternative e il con­ tini? distinguersi nellè più diverse forme tper progredire senza tregua verso un mo- me»o più alto. li scopre che quel movimento, quell'in­ quietudine, quei conflitti, quelle contraddi­ zioni feconde sonò la « provvidenza » stessa che s’insinua, immanente, nella vita, — per portala sù verso la luce del vero, ma dan­ dole già con la sua presenza questa luce : 1 ’esifMiza della mediazione nell’ immediato, il bisogno dell’ universale nell’ individuale, — <l« poi è già la mediazione, è già l’uni­ versale stesso. Qui, senza forse, si tocca il valore più vi­ vo e originale del Vico. Santino Caramella

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