TULLIO DE MAURO, Giambattista Vico dalla retorica allo storicismo linguistico. Estratto «La Cultura» VI (1968), pp. 167-183
182 TU L L IO DE MAURO La seconda conseguenza appartiene all’ordine di problemi che più avevano interessato il giovane Vico: i problemi della ratio stu- diorum. La pedagogia linguistica era stata vista dal Vico men che quarantenne come mera acquisizione di un’abilità mediante la quale il singolo poteva meglio inserirsi nella vita e discutere o, meglio, persuadere intorno a tesi morali (v. supra § 1 ). L ’esprimersi era visto ancora e solo come un estrinseco rivestimento, più o meno effi cace, duna sostanza concettuale e umana da esso non intaccata. La concezione linguistica che Vico elabora nella maturità cambia radicalmente i termini del problema. Le lingue appaiono ormai come il veicolo d’una storicità complessa e differenziata che in esse non già si riflette, ma si attua. « Le lingue », scrive il Vico al Solla, « sono, per dir così, il veicolo onde si trasfonde, in chi le appara, lo spirito delle nazioni ». In quanto le lingue sono organismi così complessi e ricchi, apprenderle e possederle sono fatti decisivi nella vita del singolo individuo. La lingua non trasmette, ma condiziona l ’esperienza. Vico vede bene che tale condizionamento può non essere, a volte, un fatto positivo. Egli cita ad esempio le lingue da prosa il cui vocabolario è più largamente caratterizzato dalla presenza di parole di significato astratto: poiché « qui ex genera loquitur nunquam proprie de rebus loquitur », tali lingue possono avere una influenza negativa: « unde factum linguae vulgares magno sint philosophis impedimento ad veras rerum naturas distinguendas » (De const. iur., p.post. I). Tuttavia, al condizionamento esercitato dalle lingue sulla mente dell’uomo che in esse si foggia Vico guarda come a un dato di fatto innegabile e, in complesso, positivo: « nam linguae mentes solertes faciunt, cum ad quamque rem sive naturalem, sive moralem, sive domesticam, sive civilem, quae ferme innumerae sunt, mens memoria percurrat ingens vitae vocabularium, et verbum eius rei proprium inveniat quo eam appellet » (De const. iur., p.post. X II § 11 ed. Nicolini). L ’apprendimento delle lingue è, insomma, concepito ormai non più in funzione retorica, ma come un momento fondamentale dell’educazione della mente attraverso il quale l ’individuo diventa partecipe d’un patrimonio culturale storicamente definito. Già nella prima Scienza nuova ( § 4 2 ) Vico scrive: I fanciulli che nascono a nazione fornita di favella eglino di sette anni al più si ritrovano avere già apparato un gran vocabolario che al destarsi d ’ogni idea volgare il corron prestamente tutto, e ritrovano subito la voce convenuta per comunicarla con altrui; e ad ogni voce udita destano l ’idea che a quella
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