TULLIO DE MAURO, Giambattista Vico dalla retorica allo storicismo linguistico. Estratto «La Cultura» VI (1968), pp. 167-183

168 TU L L IO DE MAURO per lo meno dal tardo Medio Evo, e contrappone, secondo formule usuali, il geometrico francese all’immaginoso italiano. Il Fubini ha potuto addirittura trovare riscontri puntuali tra frasi del capitolo e altri analoghi scritti delPepoca2. Tuttavia, mentre i letterati coevi dibat­ tono il primato delle lingue in pura funzione poetico-letteraria, cer­ cando, sulla via del De vulgarì eloquentia, quale lingua si prestasse meglio al comporre artistico, Vico accentra il suo interesse sui servigi che un idioma può rendere ai fini della formazione retorica, che egli, erede dell’umanesimo italiano, concepisce come acquisizione della « scientia civilis ». Un legame ancor tenue viene così a stabilirsi tra vita civile e patrimonio linguistico. Un primo barlume illumina ori­ ginalmente una materia destinata a diventare di più in più il centro della « continova meditazione » del Vico nell’età matura. 2 . Come ha osservato Antonino Pagliaro, le riflessioni sul lin­ guaggio e la lingua occupano un posto centrale nel pensiero di Giam­ battista Vico, ma ciò non sempre è stato rilevato nel modo dovuto 3. Nella comune opinione Vico è un pensatore che avrebbe elaborato una certa concezione della storia e da questa, tra l ’altro, avrebbe tratto, come corollario, una certa concezione del linguaggio e della lingua 4. In realtà, vero è piuttosto il contrario: il creduto corollario è il mag­ gior teorema di quella « geometria » che Vico vagheggiò, ossia la riflessione sul linguaggio e la lingua sono un dato primario nel costi­ tuirsi della complessiva concezione vichiana. Che sia così è palese sin dalla prima « metafisica » vichiana. Nel proemio del De antiquissima Italorum sapientia si delinea un compito che, per altro, a Vico stesso doveva di lì a poco parer discu­ 2 Cfr., di M . Fubini, tutto il saggio Vico e Bouhours, in Stile e umanità di G.B. V ico, Bari 1946, pp. 158-72, e in particolare le pp. 165-69. Per la idio- matologia in nuce elaboratasi in Europa dal tardo Medio evo e la sua impor­ tanza nella storia del pensiero linguistico mi permetto di rinviare a Storia lin­ guistica dell’Italia unita, Bari 1963, pp. 285-87, 320-24, e Introduzione alla semantica, Bari 19662, pp. 47 sgg. 3 A . Pagliaro, Lingua e poesia, cit., pp. 308-10. 4 Tipica a questo riguardo è l ’esposizione del pensiero vichiano data da M. Leroy, Les grands courants de la linguistique moderne, Bruxelles-Paris 1963, pp. 12-13, trad. ital., Bari 1965, pp, 19-20. Ma anche E. Garin nelle sue considerazioni su V ico fa soltanto un rapido cenno alla linguistica vichiana: E. Garin, Storia della filosofia italiana, cit., pp. 948-49. Anche E. Auerbach, in numerosi saggi vichiani (raccolti ora in Gesammelte A ufsàtze zur romanischen Philologie, Berna 1967, pp. 222-74), dette rilievo solo assai marginale alle con­ cezioni linguistiche del Vico (cfr., ad es., il cenno di p. 258); non esatto, comunque, che « das... W ort ‘Volksgeist’... kommt bei ihm nicht vor » (p. 232, e cfr. anche 2 4 7), come dimostra ad es. la lettera al Solla cit. infra.

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