F. Amerio, Attualità e perennità di Vico. In Giornale di Metafisica I, 2, 1946 pp. 87-95

> cietà e per la società si può attuare — secondo il Vico — la progressiva ce­ lebrazione della natura umana. Il Vico sente, riconosce ed afferma la necessaria, benefica, salvifica ete­ ronomia dell’umano spirito. E non è pessimismo ingiustificato, ma realismo cosciente della profonda struttura dell’uomo metafisico e storico. Le morali autonome, le assolutizzazioni dell’umana ragione sono errori filosofici e in­ sieme, non meno, sono sbandamenti perniciosi e deleteri nella storia dell’uma­ nità. Il laicismo, sia dottrinale sia politico, è la negazione di quella solare ve­ rità metafìsica che è la contingenza dell’uomo e della sua storia; ed è insieme la condizione radicalmente negatrice dello sviluppo civile, poiché staccarsi da Dio e respingerlo, non è affermare meglio la propria natura, ma è abbando­ narla nella propria corruzione. È un principio fondamentale nella dottrina vichiana quello per cui nessuna cosa può reggersi e prosperare se non rimanendo sui propri principi e attin­ gendo a essi. L’umanità ha principio dalla religione, la religione è la forma dell’umanità : chi si toglie da quella e la rinnega, si toglie e rinnega anche questa : disumanarsi è il processo parallelo al laicizzarsi. Il laicismo doveva diventare la formula della società : il laicismo culturale e politico della Francia del sec. XVIII, il laicismo metafisico della Germania del sec. XIX ; la Raison dell’Enciclopedia, l’Io puro del Fichte. In opposizione a codesto indirizzo il Vico mette alla base della sua filosofia della storia la meta­ fisica della contingenza : l ’essenziale dipendenza e relatività dell’uomo come società e come storia, onde il riconoscimento di tale dipendenza e relatività come religione. La religione è l’atto di sincerità fondamentale -di ogni vita umana : l’atto più metafisicamente vero e più umanamente necessario. Ma donde e perchè questa tragica umana impotenza di salvarsi, di persi­ stere e di perseverare? Il Vico non sa additare nessuna risposta esauriente se non nel dato biblico dell’Adamo decaduto. La concreta storia dell’umanità è la riprova ininterrotta e luminosa della verità del dato rivelato. Il Vico è con Pascal : la chiarezza della storia si ha nell’oscurità dell’Adamo, integrimi a Deo creatum, suo vicio lapsum. Come ogni indagine filosofica spingendosi ai suoi limiti, anche la filosofia della storia si apre alla rivelazione : la filosofia si armonizza con la teologia. E non solo al principio della storia, ma, perchè al principio, anche nel seguito l’armonia si dimostra umanamente. Se al principio dell’umanità è l’A­ damo integro, la restaurazione dell’umanità sarà restaurazione dell’Adamo in­ tegro : ma l’Adamo integro è natura e grazia, natura e grazia sarà l’Adamo re­ staurato. Il cristianesimo è così assunto nel processo storico, non come estra­ neità e accidente, ma intimità e continuità. Il Vico è del parere del Campanella : la salvezza della natura si ha nella sopranatura, la perfezione della natura si con­ suma nel cristianesimo. E l’accento nuovo della speculazione religiosa del Rina­ scimento cristiano, che al momento analitico, secondo il quale i predecessori avevano avvertito il rapporto tra natura e grazia come distinzione nell’unità, fa succedere il momento sintetico, secondo il quale lo stesso rapporto è colto come unità nella distinzione. È questo senso di concretezza teologica che dà vigore alla filosofia della storia vichiana. Utopia l’uomo naturale degli illuministi, l’uomo buono del Rous­ seau, la natura pura e felice dei romantici. L’uomo reale, l’uomo storico, quello che davvero ha costruito e costruisce la storia, è l’uomo che ha rotto l’armonia 90

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