PAOLO CHERCHI, UN EPISODIO ''DELL’ AUTOBIOGRAFIA,, DEL VICO E UNA POLEMICA DEL TARDO CINQUECENTO. CONVIVIUM XXXVII N.4, 1969

Ille quidem Phoebi radios dum sprevit acutos Morte sua Icarias nomine fecit aquas, At te, quem ipotuere aliena docere pericla Haud decet haec temere velie subire mala. Huc accede, viaeque gravem solare laborem, Ah fervent lassi, deficiuntque pedes. Ah tibi tota fluit facies sudoribus, et frons Aestuat, invalidum redditur usque latus. Hic fugit arguto rivus per saxa susurro Hoc potes arentem pellere ab ore sitim, Et gelida fessos artus perfundere Lympha, Et somnum curis ducere sepositis, Sive sub annosa quercu, resupinus in Umbra, Qua praebet gratos mollior herba thoros. Seu sub opaco hedera lauroque tegentibus, antro, Plurima ubi irriguo prosilit unda iugo. Te et dulces avium cantus, te invitat et aura, Gratior hac nullo, liberiorque loco est. I componimenti che accompagnano l ’elegia, e che con essa avrebbero dovuto esser dimenticati, sono tutti scritti d’occasione che non danno lustro alcuno ai loro autori né sono di rilievo alcuno per la polemica in sé. Ci limitiamo a ricordarne i primi versi: Bernardino Partenio « Duke sonat gelido lympha ma- nante sub antro »; Fabio Paulini « Phoebi cura, et amor diserte Massa »; Luigi Grotto (il Cieco d’Adria) « Nunc primum fons Blandusiae tibi cedere discit »; Idem « Dulce sonat, quem carminibus, fons Massa recenses »; Idem « Dal gran Massa lodato il Massa lodi » (sonetto); M[ ? 3 S[ forza] « Dum vitreum, et gelidum fontem describis amoeno ». La lettera del Riccobono ci è conservata solo dal Garzoni, perciò sarà utile pubblicarla per intero,6 tenendo anche conto dal fatto che essa, per il modo con cui vien fatto un palinsesto dell’elegia del Massa, dovette interessare piu degli altri testi il Vico. Clarissimo Sig. Secretano Sento col Signor Parthenio, Paolini, e Sforza, che i versi di V.S. Clarissima siano degni di ogni lode; e se credessi, che le testimonianze del suo valore si dovessero puhlicare, anch’io con qualche epigramma mio vorrei tra’ lodatori suoi esser anno­ verato. Hora mi basterà essequire il suo commandamento; col farmi tenir da lei piu presto poco giudicioso in censurare quello, che non merita censura, o correttione al­ cuna, che poco obediente. E prima le dirò, che overo i versi si hanno da vedere stampati in qualche libro, overo intagliati in marmo. Nel primo modo lodo la moltitudine di essi, massimamente così leggiadri, come sono; nel secondo amerei, che non passassero il numero di dodeci, anchora che non si servasse in tutto la legge di Platone, commemorata da Cicerone nel fine del 2 . De legib. che queste cose, le quali si indirizzano a’ viandanti, come epitafii, e simili inscrittioni, non passino quattro versi, “ quos ‘Elegos’ appellavit Ennius” . Che così si deve leggere, e non, 6 Del testo garzoniano abbiamo modificato la punteggiatura sostituendo i due punti al punto e virgola e rendendo la nota tironiana con e quando preceda consonante. Si è inoltre corretto qualche ovvio errore di orto­ grafia dei testi latini e greci. La lettera è contenuta a pp. 939-941. 465 30

RkJQdWJsaXNoZXIy NDAzODM4