Giuseppe Giarrizzo, Alle origini della medievistica moderna (Vico, Giannone, Muratori), 1962

G. G I A R R I Z Z O riflette lo sforzo di rinnovamento etico, sociale e politico d’ una stagione bella e feconda della vicenda storica dell’Europa moderna. Sulla scena varia e ricchissima di un Medioevo ricreato dalla curiosità inarrestabile dell’erudito e dalla accesa fantasia dello storico, l’uomo del Sei e del Settecento volle rappresentare in fogge e panni antichi i drammi religiosi e politici del suo tempo; agli uomini del Medioevo chièse, or con sottile insinuazione ora con foga appassio­ nata, solidale testimonianza nei conflitti che prendevano lu i, uomo moderno, e ne sollecitò una risposta persuasiva, quando non chiese loro di battersi per lui, per i suoi moderni ideali di società e di cultura contro l’eredità fattasi pesante di quello stesso mondo, il medioevale, donde il suo sentire li evocava. Da qui l’esplicita contraddizione che sottende l’interpretazione della vita e delle lotte dei « secoli barbari », di un’età in cui quasi inestricabilmente s’aggrovigliano le radici del mondo moderno e le fitte propaggini terminali della superstizione religiosa e di incolti pregiudizi. E la ricerca d’un metodo critico valido a discriminare tra vero e falso nel documento storico e nel racconto è come ;tesa dalla sottile consapevolezza di questa contraddizione: il mondo medio­ evale è una realtà che bisogna intendere nelle sue ragioni e nel suo significato, non solo da chi vuole per tal via realizzarne il totale superamento, ma più da chi trepido avverte come una segreta insidia alla raggiunta felicità del mondo moderno e teme il ritorno d’un nuovo Medioevo. In entrambi i casi, si tratta di un’esperienza che ha inciso profondamente nella vicenda della società e della cultura moderne, e ciò spiega l’appassionato interesse e l’acuta repu- gnanza. Q u el che definisce però la dispiegata maturità culturale del Settecento è il sostanziale equilibrio che domina lo studio d’una vicenda storica in cui son tanti i motivi di attrazione e d’avversione, e in cui la repugnanza medesima per la barbarie, la crudeltà, la super­ stizione, l’oppressione sociale sembra perdere le sue punte più aspre e tende a tradurre i suoi sfoghi impetuosi e polemici in una pietà più distaccata e in un giudizio più efficace che sa essere al tempo stesso di comprensione e di condanna. L ’impegno critico e storiografico della cultura settecentesca attorno ai problemi dell’età di m ezzo si coglie così veramente nei

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